Con buona pace dei luoghi comuni, ancora oggi il modo migliore per dimostrare di conoscere un argomento è usarlo bene. Per esempio se chi parla di comunicazione vuole rassicurare sulla sua conoscenza della materia, la migliore cosa che possa fare è comunicare con efficacia le proprie idee. Affermazione magari meno banale di quanto può sembrare ad una prima occhiata, se ci ricordiamo dei saggi illeggibili sull’argomento che se ne stanno a impolverarsi sui nostri scaffali, ben protetti dalle loro inestricabili sintassi. Sta qui il primo, germinale, merito di questo acutissimo saggio di Riccardo Falcinelli, una avvincente traversata – ma qui il termine più adatto è il barbaro “surfing” – sull’oceano della nostra cultura visuale, tra onde che trasportano opere diverse per epoca e per tecnica, accostate da correnti turbinose che scoprono sorprendenti denominatori comuni nei loro ingranaggi visivi. Per l’appassionato di fotografia vedere la Madre Migrante della Lange accostata con tanta naturalezza alla Madonna di Washington di Giotto, come accade a pag. 418, può in prima battuta essere una rivendicazione dei valori artistici della sua disciplina, ma di ben più interessante il confronto ha da offrire la constatazione di quanto profonde e quanto siano da indagare le radici del penultimo ordigno arrivato nell’armadio delle Muse. Tutto, dalla pittura rupestre al cartellone pubblicitario, dall’icona medievale al fotogramma cinematografico ha il suo spazio in un racconto dinamico e profondo dove si avverte tanto Arnheim, molto Gombrich e più di un pizzico di Eco e Greimas; ingredienti che però contano meno della sapida e nutriente ricetta, servita con uno stile che fa precedere quasi ogni portata da un aneddoto storico o personale (impagabile quello sulle dispute con il fratello sulla collocazione delle pecore nel presepe) da cui l’argomentazione prende le mosse con una tattica comunicativa che arriva anch’essa da lontano, almeno dai tempi del “prò ommáton poieîn” aristotelico, ma che a saperla usare funziona ancora benissimo, e tesse una rete in cui per il lettore è un piacere farsi cogliere. Perché alla fin fine la comunicazione è una caccia in cui lo scopo del bracconiere è convincere la selvaggina a farsi catturare. E Falcinelli conosce così bene la sua arte che arrivata all’ultima pagina la preda accetta con una certa riluttanza la sua ritrovata libertà.

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